IL CODICE DEONTOLOGICO FORENSE
(Testo approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17 aprile 1997 ed aggiornato con le modifiche introdotte il 16 ottobre 1999, il 26 ottobre 2002, il 27 gennaio 2006, il 18 gennaio 2007 e il 12 giugno 2008)
PREAMBOLO
TITOLO I – PRINCIPI GENERALI
ART. 1. – Ambito di applicazione.
Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.
La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei doveri e dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva.
Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato.
Nell’esercizio di attività professionali all’estero, che siano consentite dalle disposizioni in vigore, l’avvocato italiano è tenuto al rispetto delle norme deontologiche del paese in cui viene svolta l’attività.
E’ dovere dell’avvocato svolgere con fedeltà la propria attività professionale.
I. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che compia consapevolmente atti contrari all’interesse del proprio assistito.
ART. 10. – Dovere di indipendenza.
Nell’esercizio dell’attività professionale l’avvocato ha il dovere di conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti esterni.
I. L’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera personale.
[II. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che stipuli con soggetti che esercitano il recupero crediti per conto terzi patti attinenti a detta attività.] (1)
(1) Canone abrogato dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007.
ART. 11. – Dovere di difesa.
ART. 13. – Dovere di aggiornamento professionale.
E’ dovere dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori nei quali svolga l’attività.
I. L’avvocato realizza la propria formazione permanente con lo studio individuale e la partecipazione a iniziative culturali in campo giuridico e forense.
II. E’ dovere deontologico dell’avvocato quello di rispettare i regolamenti del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio dell’ordine di appartenenza concernenti gli obblighi e i programmi formativi.
ART. 14. – Dovere di verità.
Le dichiarazioni in giudizio relative alla esistenza o inesistenza di fatti obiettivi, che siano presupposto specifico per un provvedimento del magistrato, e di cui l’avvocato abbia diretta conoscenza, devono essere vere e comunque tali da non indurre il giudice in errore.
I. L’avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo prove false. In particolare, il difensore non può assumere a verbale né introdurre dichiarazioni di persone informate sui fatti che sappia essere false.
II. L’avvocato è tenuto a menzionare i provvedimenti già ottenuti o il rigetto dei provvedimento richiesti, nella presentazione di istanze o richieste sul presupposto della medesima situazione di fatto.
ART. 15. – Dovere di adempimento previdenziale e fiscale.
L’avvocato deve provvedere regolarmente e tempestivamente agli adempimenti dovuti agli organi forensi nonché agli adempimenti previdenziali e fiscali a suo carico, secondo le norme vigenti.
ART. 16. – Dovere di evitare incompatibilità.
E’ dovere dell’avvocato evitare situazioni di incompatibilità ostative alla permanenza nell’albo, e, comunque nel dubbio, richiedere il parere del proprio Consiglio dell’ordine.
I. L’avvocato non deve porre in essere attività commerciale o di mediazione.
II. Costituisce infrazione disciplinare l’avere richiesto l’iscrizione all’albo in pendenza di cause di incompatibilità, non dichiarate, ancorché queste siano venute meno.
ART. 17. – Informazioni sull’attività professionale.
L’avvocato può dare informazioni sulla propria attività professionale.
Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità, il rispetto dei quali è verificato dal competente Consiglio dell’ordine. (1)
Quanto al contenuto, l’informazione deve essere conforme a verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto professionale. L’avvocato non può rivelare al pubblico il nome dei propri clienti, ancorché questi vi consentano.
Quanto alla forma e alle modalità, l’informazione deve rispettare la dignità e il decoro della professione.
In ogni caso, l’informazione non deve assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa.
I – Sono consentite, a fini non lucrativi, l’organizzazione e la sponsorizzazione di seminari di studio, di corsi di formazione professionale e di convegni in discipline attinenti alla professione forense da parte di avvocati o di società o di associazioni di avvocati. (1)
[II – E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
III – E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per un specifico affare.] (3)
II – E’ consentita l’indicazione del nome di un avvocato defunto, che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a suo tempo lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per testamento in tal senso, ovvero vi sia il consenso unanime dei suoi eredi.
(1) Periodo così modificato dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007. La precedente versione così recitava: “Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività”.(2) Canone così modificato dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007. La precedente versione così recitava: “I – Sono consentite, a fini non lucrativi, l’organizzazione e la sponsorizzazione di seminari di studio, di corsi di formazione professionale e di convegni in discipline attinenti alla professione forense da parte di avvocati o di società o di associazioni di avvocati, previa approvazione del Consiglio dell’ordine del luogo di svolgimento dell’evento”.(3) Canoni abrogati dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007.
ART. 17 bis. – Modalità dell’informazione. (1)
L’avvocato che intende dare informazione sulla propria attività professionale deve indicare:
- la denominazione dello studio, con la indicazione dei nominativi dei professionisti che lo compongono qualora l’esercizio della professione sia svolto in forma associata o societaria;
- il Consiglio dell’Ordine presso il quale è iscritto ciascuno dei componenti lo studio;
- la sede principale di esercizio, le eventuali sedi secondarie ed i recapiti, con l’indicazione di indirizzo, numeri telefonici, fax, e-mail e del sito web, se attivato;
- il titolo professionale che consente all’avvocato straniero l’esercizio in Italia, o che consenta all’avvocato italiano l’esercizio all’estero, della professione di avvocato in conformità delle direttive comunitarie.
Può indicare:
- i titoli accademici;
- i diplomi di specializzazione conseguiti presso gli istituti universitari;
- l’abilitazione a esercitare avanti alle giurisdizioni superiori;
- i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente;
- le lingue conosciute;
- il logo dello studio;
- gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale;
- l’eventuale certificazione di qualità dello studio; l’avvocato che intenda fare menzione di una certificazione di qualità deve depositare presso il Consiglio dell’Ordine il giustificativo della certificazione in corso di validità e l’indicazione completa del certificatore e del campo di applicazione della certificazione ufficialmente riconosciuta dallo Stato;
- i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente;
- le lingue conosciute;
- il logo dello studio;
- gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale.
L’avvocato può utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri e direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipa, previa comunicazione tempestiva al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto in cui è espresso.
Il professionista è responsabile del contenuto del sito e in esso deve indicare i dati previsti dal primo comma.
Il sito non può contenere riferimenti commerciali e/o pubblicitari mediante l’indicazione diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo.
(1) Articolo così modificato dal CNF con la delibera 12 giugno 2008, n. 15.
ART. 18. – Rapporti con la stampa. (1)
Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza.
I. Il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell’esclusivo interesse dello stesso, può fornire agli organi di informazione e di stampa notizie che non siano coperte dal segreto di indagine.
II. In ogni caso, nei rapporti con gli organi di informazione e con gli altri mezzi di diffusione, è fatto divieto all’avvocato di enfatizzare la propria capacità professionale, di spendere il nome dei propri clienti, di sollecitare articoli di stampa o interviste sia su organi di informazione sia su altri mezzi di diffusione; è fatto divieto altresì di convocare conferenze stampa fatte salve le esigenze di difesa del cliente.
III. E’ consentito all’avvocato, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, di tenere o curare rubriche fisse su organi di stampa con l’indicazione del proprio nome e di partecipare a rubriche fisse televisive o radiofoniche.
(1) Articolo così modificato dal CNF con la delibera 12 giugno 2008, n. 15.
ART. 19. – Divieto di accaparramento di clientela
III – E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. (2)
IV – E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per un specifico affare. (2)
(1) Periodo così modificato dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007. La precedente versione così recitava: “È vietata l’offerta di prestazioni professionali a terzi e in genere ogni attività diretta all’acquisizione di rapporti di clientela, a mezzo di agenzie o procacciatori o altri mezzi illeciti.”.(2) Canone aggiunto dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007.
ART. 20. – Divieto di uso di espressioni sconvenienti od offensive.
Indipendentemente dalle disposizioni civili e penali, l’avvocato deve evitare di usare espressioni sconvenienti od offensive negli scritti in giudizio e nell’attività professionale in genere, sia nei confronti dei colleghi che nei confronti dei magistrati, delle controparti e dei terzi.
L’iscrizione all’albo costituisce presupposto per l’esercizio dell’attività giudiziale e stragiudiziale di assistenza e consulenza in materia legale e per l’utilizzo del relativo titolo.
I – Costituisce illecito disciplinare l’uso di un titolo professionale non conseguito ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo o in periodo di sospensione.
II — Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che agevoli, o, in qualsiasi altro modo diretto o indiretto, renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi l’esercizio abusivo dell’attività di avvocato o consenta che tali soggetti ne possano ricavare benefici economici, anche se limitatamente al periodo di eventuale sospensione dall’esercizio.
III – L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia docente universitario di materie giuridiche. In ogni caso dovrà specificare la qualifica, la materia di insegnamento e la facoltà.
IV – L’iscritto nel registro dei praticanti avvocati può usare esclusivamente e per esteso il titolo di “praticante avvocato”, con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora abbia conseguito tale abilitazione.
TITOLO II – RAPPORTI CON I COLLEGHI
ART. 22 – Rapporto di colleganza.
L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.
I. L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a rispondere con sollecitudine alle sue richieste di informativa.
II. L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega per fatti attinenti all’esercizio della professione deve dargliene preventiva comunicazione per iscritto, tranne che l’avviso possa pregiudicare il diritto da tutelare.
III – L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica con il collega. La registrazione, nel corso di una riunione, è consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti.
ART. 23. – Rapporto di colleganza e dovere di difesa nel processo.
Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza del dovere di difesa, salvaguardando in quanto possibile il rapporto di colleganza.
I – L’avvocato è tenuto a rispettare la puntualità alle udienze e in ogni altra occasione di incontro con i colleghi.
II – L’avvocato deve opporsi a qualunque istanza, irrituale o ingiustificata, formulata nel processo dalle controparti che comporti pregiudizio per la parte assistita.
III – II difensore, che riceva l’incarico di fiducia dall’imputato, è tenuto a comunicare tempestivamente con mezzi idonei al collega, già nominato d’ufficio, il mandato ricevuto e, senza pregiudizio per il diritto di difesa, deve raccomandare alla parte di provvedere al pagamento di quanto è dovuto al difensore d’ufficio per l’attività professionale eventualmente già svolta.
IV – Nell’esercizio del mandato l’avvocato può collaborare con i difensori delle altre parti, anche scambiando informazioni, atti e documenti, nell’interesse della parte assistita e nel rispetto della legge.
V – Nei casi di difesa congiunta, è dovere del difensore consultare il co-difensore in ordine ad ogni scelta processuale ed informarlo del contenuto dei colloqui con il comune assistito, al fine della effettiva condivisione della strategia processuale.
VI – L’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella prospettiva di dare inizio ad azioni giudiziarie, deve essere comunicata al collega avversario.
ART. 24. – Rapporti con il Consiglio dell’ordine (1)
L’avvocato ha il dovere di collaborare con il Consiglio dell’Ordine di appartenenza, o con altro che ne faccia richiesta, per l’attuazione delle finalità istituzionali osservando scrupolosamente il dovere di verità. A tal fine ogni iscritto è tenuto a riferire al Consiglio fatti a sua conoscenza relativi alla vita forense o alla amministrazione della giustizia, che richiedano iniziative o interventi collegiali.
I. Nell’ambito di un procedimento disciplinare, la mancata risposta dell’iscritto agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e difese non costituisce autonomo illecito disciplinare, pur potendo tali comportamenti essere valutati dall’organo giudicante nella formazione del proprio libero convincimento.
II. Qualora il Consiglio dell’Ordine richieda all’iscritto chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione ad un esposto presentato da una parte o da un collega tendente ad ottenere notizie o adempimenti nell’interesse dello stesso reclamante, la mancata sollecita risposta dell’iscritto costituisce illecito disciplinare.
III. L’avvocato chiamato a far parte del Consiglio dell’Ordine deve adempiere l’incarico con diligenza, imparzialità e nell’interesse generale.
IV. Ai fini della tenuta degli albi, l’avvocato ha il dovere di comunicare senza ritardo al Consiglio dell’Ordine di appartenenza ed eventualmente a quello competente per territorio, la costituzione di associazioni o società professionali e i successivi eventi modificativi, nonché l’apertura di studi principali, secondari e anche recapiti professionali.
(1) Articolo così modificato dal CNF con la delibera 12 giugno 2008, n. 15.
ART. 25 – Rapporti con i collaboratori dello studio.
Non possono essere prodotte o riferite in giudizio le lettere qualificate riservate e comunque la corrispondenza contenente proposte transattive scambiate con i colleghi.
I. E’ producibile la corrispondenza intercorsa tra colleghi quando sia stato perfezionato un accordo, di cui la stessa corrispondenza costituisca attuazione.
II. E’ producibile la corrispondenza dell’avvocato che assicuri l’adempimento delle prestazioni richieste.
III. L’avvocato non deve consegnare all’assistito la corrispondenza riservata tra colleghi, ma può, qualora venga meno il mandato professionale, consegnarla al professionista che gli succede, il quale è tenuto ad osservare i medesimi criteri di riservatezza.
ART. 29. – Notizie riguardanti il collega.
ART. 30. – Obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad altro collega.
L’avvocato che scelga e incarichi direttamente altro collega di esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza deve provvedere a retribuirlo, ove non adempia la parte assistita, tranne che dimostri di essersi inutilmente attivato, anche postergando il proprio credito, per ottenere l’adempimento.
ART. 31. – Obbligo di dare istruzioni al collega e obbligo di informativa.
TITOLO III – RAPPORTI CON LA PARTE ASSISTITA
ART. 35. – Rapporto di fiducia.
(1) Canone così modificato dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007. La precedente versione così recitava: “II – L’avvocato deve astenersi, dopo il conferimento del mandato, dallo stabilire con l’assistito rapporti di natura economica, patrimoniale o commerciale che in qualunque modo possano influire sul rapporto professionale”.
ART. 36. – Autonomia del rapporto.
ART. 37. – Conflitto di interessi.
L’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.
I – Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l’espletamento di un nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affari di una parte possa avvantaggiare ingiustamente un altro assistito, ovvero quando lo svolgimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico.
II – L’obbligo di astensione opera altresì se le parti aventi interessi configgenti si rivolgano ad avvocati che siano partecipi di una stessa società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali.
ART. 38. – Inadempimento al mandato.
L’avvocato è tenuto ad informare chiaramente il proprio assistito all’atto dell’incarico delle caratteristiche e dell’importanza della controversia o delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione possibili. L’avvocato è tenuto altresì ad informare il proprio assistito sullo svolgimento del mandato affidatogli, quando lo reputi opportuno e ogni qualvolta l’assistito ne faccia richiesta.
I. Se richiesto, è obbligo dell’avvocato informare la parte assistita sulle previsioni di massima inerenti alla durata e ai costi presumibili del processo.
II. E’ obbligo dell’avvocato comunicare alla parte assistita la necessità del compimento di determinanti atti al fine di evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso di trattazione.
III. Il difensore ha l’obbligo di riferire al proprio assistito il contenuto di quanto appreso nell’esercizio del mandato se utile all’interesse di questi.
ART. 41. – Gestione di denaro altrui.
Durante lo svolgimento del rapporto professionale l’avvocato può chiedere la corresponsione di anticipi ragguagliati alle spese sostenute ed a quelle prevedibili e di acconti sulle prestazioni professionali, commisurati alla quantità e complessità delle prestazioni richieste per lo svolgimento dell’incarico.
1 – L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e degli acconti ricevuti ed è tenuto a consegnare, a richiesta del cliente, la nota dettagliata delle somme anticipate e delle spese sostenute per le prestazioni eseguite e degli onorari per le prestazioni svolte.
II – L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente sproporzionati all’attività svolta.
III – L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di quello già indicato, in caso di mancato spontaneo pagamento, salvo che ne abbia fatto espressa riserva.
IV – L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri diritti o all’adempimento di prestazioni professionali il versamento alla parte assistita delle somme riscosse per conto di questa.
[V – E’ consentito all’avvocato concordare onorari forfettari per le prestazioni continuative solo in caso di consulenza e assistenza stragiudiziale, purché siano proporzionali al prevedibile impegno.](1)
(1) Canone abrogato dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007.
ART. 44. – Compensazione.
L’avvocato ha diritto di trattenere le somme che gli siano pervenute dalla parte assistita o da terzi a rimborso delle spese sostenute, dandone avviso al cliente; può anche trattenere le somme ricevute, a titolo di pagamento dei propri onorari, quando vi sia il consenso della parte assistita ovvero quando si tratti di somme liquidate in sentenza a carico della controparte a titolo di diritti e onorari ed egli non le abbia ancora ricevute dalla parte assistita, ovvero quando abbia già formulato una richiesta di pagamento espressamente accettata dalla parte assistita.
I – In ogni altro caso, l’avvocato è tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto di questa.
ART. 45. – Accordi sulla definizione del compenso. (1)
E’ consentito all’avvocato pattuire con il cliente compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, fermo il divieto dell’articolo 1261 c.c. e sempre che i compensi siano proporzionati all’attività svolta, fermo il principio disposto dall’art. 2233 del Codice civile.
(1) Articolo così modificato dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007 e da ultimo con la delibera 12 giugno 2008, n. 15.La precedente versione così recitava: “Art. 45 – Accordi sulla definizione del compenso.E’ consentito all’avvocato pattuire con il cliente compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, fermo il divieto dell’articolo 1261 c.c. e sempre che i compensi siano proporzionati all’attività svolta”.La versione precedente alle modifiche del 18 gennaio 2007 recitava così: “Art. 45. – Divieto di patto di quota lite.È vietata la pattuizione diretta ad ottenere, a titolo di corrispettivo della prestazione professionale, una percentuale del bene controverso ovvero una percentuale rapportata al valore della lite.I – È consentita la pattuizione scritta di un supplemento di compenso, in aggiunta a quello previsto, in caso di esito favorevole della lite, purché sia contenuto in limiti ragionevoli e sia giustificato dal risultato conseguito.”
ART. 46. – Azioni contro la parte assistita per il pagamento del compenso.
TITOLO IV – RAPPORTO CON LA CONTROPARTE, I MAGISTRATI E I TERZI
ART. 48. – Minaccia di azioni alla controparte.
L’intimazione fatta dall’avvocato alla controparte tendente ad ottenere particolari adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari, denunce o altre sanzioni, è consentita quando tenda a rendere avvertita la controparte delle possibili iniziative giudiziarie in corso o da intraprendere; è deontologicamente scorretta, invece, tale intimazione quando siano minacciate azioni od iniziative sproporzionate o vessatorie.
I – Qualora ritenga di invitare la controparte ad un colloquio nel proprio studio, prima di iniziare un giudizio, l’avvocato deve precisarle che può essere accompagnata da un legale di fiducia.
II – L’addebito alla controparte di competenze e spese per l’attività prestata in sede stragiudiziale è ammesso, purché la richiesta di pagamento sia fatta a favore del proprio assistito.
ART. 49. – Pluralità di azioni nei confronti della controparte.
L’assunzione di un incarico professionale contro un ex-cliente è ammessa quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza. In ogni caso è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto professionale già esaurito.
ART. 56. – Rapporti con i terzi.
L’avvocato che partecipi, quale candidato o quale sostenitore di candidati, ad elezioni ad organi rappresentativi dell’Avvocatura deve comportarsi con correttezza, evitando forme di propaganda ed iniziative non consone alla dignità delle funzioni.
I – E’ vietata ogni forma di propaganda elettorale o di iniziativa nella sede di svolgimento delle elezioni e durante le operazioni di voto.
II – Nelle sedi di svolgimento delle operazioni di voto è consentita la sola affissione delle liste elettorali e di manifesti contenenti le regole di svolgimento delle operazioni di voto.
ART. 58. – La testimonianza dell’avvocato.
TITOLO V – DISPOSIZIONE FINALE
ART. 60. – Norma di chiusura.
Le disposizioni specifiche di questo codice costituiscono esemplificazioni dei comportamenti più ricorrenti e non limitano l’ambito di applicazione dei principi generali espressi.